martedì 18 dicembre 2007

Foto scolari con Carmine Chinni, medaglia d'oro


Gli alunni della maestra Rina si sono incontrati con Carmine Chinni, Fante nella Prima Guerra mondiale, uno degli ultimi testimoni della Grande Guerra e che ha raccontato le sue vicissitudini. Gli scolari hanno potuto intervistarlo e capire i patimenti dei numerosi soldati inviati al fronte. Qui sotto sono stati raccolti i suoi ricordi......

sabato 15 dicembre 2007

Fante Carmine Chinni, medaglia d'oro Prima guerra mondiale

Intervista a nonno Carmine, 93 anni, combattente e reduce nella 1a Guerra Mondiale

Il giorno 23 febbraio 1989, siamo andati ad intervistare il signor Chinni Carmine, un anziano ex-combattente di 93 anni, che ci ha raccontato la sua vita vissuta nella 1a Guerra Mondiale.
Egli, apparteneva al battaglione n. 135, era un fante.
Partì, a 17 anni, il 24 maggio 1915.
Ha combattuto nel Trentino al Pasubio (a m. 1800 d’altezza), al Tonale e alla Presanella.
Ci ha detto che quella fu “la guerra dei somari”.
Egli e tutti gli altri soldati camminavano nelle campagne.
Ogni soldato aveva sulle spalle minimo 40 kg di roba.; i cavalli trainavano su degli assi di legno, le “artiglierie da campagna”: le armi più potenti di allora!
Dopo che i nostri persero a Caporetto, lui ed altri soldati tornarono sul fiume Isonzo.
Fu ferito ad una gamba, mentre combatteva a 3 metri dalla “trincea nemica”, da un ferro che gli entrò da una parte e gli uscì dall’altra: fu portato all’ospedale militare di Verona.
Dal fiume Isonzo il battaglione n. 135 arrivò al confine dei Pirenei (montagne che separano la Francia dalla Spagna).
In quel periodo faceva freddo, ogni soldato aveva scarpe di legno, tre coperte e un sacco a pelo, con dentro lana di pecora.
Dormivano all’addiaccio.
La neve lasciava scottature che il vecchio Carmine ci ha fatto vedere: ha le gambe e i piedi congelati con scottature di secondo grado.
I soldati avevano dei pidocchi molto grandi (quasi come un pollice) che si attaccavano sulla schiena e succhiavano il loro sangue. Allora ai soldati si toglievano la camicia, strisciavano la schiena sulla neve e i pidocchi dimagrivano.
Quando si rimettevano la camicia, i pidocchi erano più affamati e arrabbiati, così morsicavano più forte.
Carmine aveva anche il compito di mettere le “micce” nelle gallerie per fare le “feritoie” e spiare il nemico.
Ogni tanto il suo battaglione lanciava un “pallone aerostatico” per controllare gli austriaci. Un gruppo di fanti che si trovava su un pallone fu dato per disperso: chissà dove andò a finire….!
Carmine Chinni ha ricevuto la medaglia d’oro e il titolo di “Cavaliere di Vittorio Veneto”.
quando fu firmato l’armistizio a Vittorio Veneto, il 4 novembre 1918, per Carmine (ma non solo per lui) fu un giorno fantastico!
Carmine voleva incontrare suo fratello che era partito un anno dopo di lui.
Carmine Chinni è stato un “Eroe” con la “E” grandissima. Ha conosciuto direttamente persone molto importanti: il Re, Vittorio Emanuele III, Francesco Baracca, Luigi Cadorna e Armando Diaz.
Egli ci ha detto che i soldati scavavano i “camminamenti” profondi circa m. 2.30 che venivano coperti da sacchi pieni di terra (terra-pieno) e tralicci di quercia.
Carmine scoprì che un camminamento giungeva “fuori linea”. Un giovane ogni giorno lo attendeva in quel posto e gli dava un giornale per sapere cosa succedeva in altre zone militari.
Le trincee austriache (a 3 piani) erano fatte con fili spinati carichi di corrente elettrica.
Gli italiani però riusciva a costruire delle pinze molto lunghe anti-corrente con i manici in legno.
I soldati in guerra restavano a combattere duramente anche per una settimana intera, spesso senza cibo.
Per mangiare ricevevano una fetta di polenta quasi ghiacciata: freddissima, e un tozzo di pane.
C’erano dei soldati scelti ed addestrati nei “campi minati” che lanciavano le “mine” (bombe a mano) con molta destrezza e sveltezza.
Molti soldati persero la vita perché la bomba scoppiò nelle loro mani uccidendoli.
Ogni “mina” faceva esplodere 30 schegge.
Ogni soldato riceveva 12 “mine” al giorno.

Episodio commovente da un soldato austriaco.
Non si volevano uccidere perché tutti e due avevano una famiglia che li aspettava…
allora i due soldati (uno italiano e uno austriaco) fecero amicizia: ogni giorno di nascosto si incontravano, si scambiavano e fumavano una sigaretta.

mercoledì 5 dicembre 2007

Prima Guerra mondiale nei ricordi di un ex combattente

Intervista a nonno Nicola Evangelista sulle vicende della Prima Guerra Mondiale

Il mio bisnonno Nicola Evangelista di 92 anni, ex combattente nella 1a Guerra Mondiale nel Reggimento di Fanteria n. 34, ha partecipato a tutto il conflitto mondiale combattendo di più sulla linea dell’Isonzo: era un soldato addetto al lancio delle “mine” nei “campi minati”. Mi ha detto che c’erano diversi tipi di bombe a mano ed anche per aeroplani.
Le bombe a mano avevano un’apposita fascetta che serviva da sicurezza : era un pezzetto di ferro lungo e sottile che dopo averlo sfilato sganciava la sicura.
La bomba si teneva con la mano destra e con l’altra si levava la sicura che si tirava prima il braccio indietro poi in avanti: la bomba si staccava dalla sicura poi si ritirava il braccio per il lancio finale.
I soldati addetti alle bombe, prima di lanciarle dovevano contare da uno a due, al tre la bomba scoppiava.
C’erano le “signorine” (bombe a mano) che avevano una stecca e un velo di stoffa, esse avevano lo stesso funzionamento delle bombe a mano, solo però che bisognava tenerle per il bastoncino.
C’era un altro tipo di “signorina”, quella da fucile. Dentro al fucile si metteva il “cartoccio” (pezzo di carta), un po’ di polvere esplosiva, e infine la “signorina”, che teneva non un bastoncino, ma due: uno davanti che colpendo rientrava ed esplodeva; il bastoncino di dietro teneva un pezzetto di calamite per attaccarsi al fucile: la polvere come esplodeva faceva schizzare la bomba.
Le bombe degli aerei erano di due tipi: uno ad orologio e teneva un pulsante che azionava non solo l’orologio, ma anche la bomba; l’altro tipo aveva lo stesso funzionamento della signorina (bomba a mano da fucile).
I soldati avevano l’attrezzo picco e pala per fare le buche.
Il mio bisnonno ha scavato anche i “camminamenti” (trincea con terra-pieno).